INCUBI METROPOLITANI

L’incubo viene identificato come un sogno o un momento anche prolungato di angoscia, senso di turbamento e oppressione.
Quando l’incubo diviene una costante al punto da determinare la vita reale, termina anche la Dantesca preoccupazione  di divenire nell’al di là “abitante”  di gironi e bolge infernali.
Difatti, aver vissuto in città come la bellissima Napoli e la sua area metropolitana, comporteranno certamente un considerevole sconto di pena infernale in considerazione delle impossibili condizioni di vivibilità e agibilità dei diritti connessi al concetto stesso di Libertà.
“Io so questo: che chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene.”
(Pier Paolo Pasolini)
Una frase che nella sua semplicità nasconde profonde riflessioni.
Come declinare la parola Libertà!!!
Certo, essere liberi da un oppressore, da un regime dittatoriale, difendere la libertà di pensiero, di stampa, le istituzioni e in sintesi la Democrazia, ci danno l’architrave della Libertà.
Purtroppo, però, non è così semplice e quanto su elencato non basta.
Non basta poter gridare il proprio dolore, la propria frustrazione, la propria angoscia quotidiana per dire di essere Liberi.
Gli uomini, per essere liberi, è necessario prima di tutto che siano liberati dall’incubo del bisogno.
(Sandro Pertini)
Il bisogno è determinato a sua volta da tanti fattori tra questi povertà, emarginazione, sottosviluppo, degrado umano e sociale.
Tutte condizioni che sono ben riscontrabili in gran parte del territorio del Sud della nostra Nazione.

Più volte abbiamo provato a porre l’attenzione sulla “inutilità dannosa” della pietà che nasconde l’incapacità o peggio la dolosità della politica nei confronti dello sviluppo culturale, sociale ed economico del mezzogiorno.
“Niente più della pietà imbaldanzisce il peccato.”
(William Shakespeare)
Per meglio dare un senso di quotidianità al nostro piccolo ragionamento, abbiamo voluto vivere una giornata qualsiasi nel girone Dantesco di Napoli e provincia.
Il nostro incubo reale inizia al mattino presto nel tentativo di potersi avvicinare ad una stazione della metropolitana che dalla periferia Nord ci porti al centro.
Dopo aver superato code di traffico per portarsi dall’hinterland napoletano alla metropolitana bisogna inventarsi dove parcheggiare la propria auto.
Un tema di difficile svolgimento, difatti si rischia di finire dove il controllo militare dei parcheggiatori abusivi è insormontabile.

Una vera postazione con Cavalli di Frisia e nidi di Mitragliatrice degna del Vallo Atlantico.

Per aggirare questa postazione fortificata resta di parcheggiare dove capita o in un parcheggio a pagamento (dove esiste)
Nel primo caso si rischia che un carro gru noti la preda e ne faccia un solo boccone.
Qui si aprirebbe un mondo con un proprio sotto girone o bolgia. Comprendere dove trovasi l’auto, superare lo shock, farsi accompagnare a svincolare il mezzo e poi andarlo a ritirare. 
Per non parlare che il costo complessivo  equivale ad almeno un paio di giornate di lavoro.
Per un precario molto di più di due giornate del proprio lavoro 
Sui parcheggi a pagamento andrebbe aperto dalle istituzioni locali il tema dei costi da affrontare anche attraverso convenzioni, ma figurarsi: è molto indietro nella classifica dei problemi quotidiani.
Giunti alla metropolitana immaginiamo qualcosa che somigli in frequenza delle corse ad altre grandi città.
Un attesa di 20 minuti, una folla accalcata in stile evviva il COVID poco ispira a salire in vettura.
La necessità ci porta a vivere questa esperienza che ben ci fa capire cosa significhi essere un alice in un vasetto.
Giunti in centro pensiamo di vivere la parte migliore più “borghese” della città.
Vogliamo lasciare le immagini di una periferia sporca, dove si butta l’immondizia nei cassonetti senza alcun rispetto degli orari, dove la differenziata è tutta da realizzare, dove la brutalità della violenza sulle regole del vivere comune sembra essere l’unica regola.
Vogliamo superare l’immagine di Istituzioni stanche, lontane incapaci di portare cultura, scolarizzazione, Welfare, lavoro, sicurezza.
In ultimo di garantire la Libertà a quanti vorrebbero esercitarla anche se vivono in periferia.
Ebbene, ci accolgono contenitori della differenziata stracolmi, veri ricettacoli d’immondizia, strade sporche, traffico, parcheggiatori abusivi, “mossieri” che invitano a parcheggiare la propria auto in parcheggi privati costosissimi.
Magari incamminarsi verso il lungomare farà schiarire almeno una parte di questa visione.
Dobbiamo dire che con grande coerenza (degna di ben altra sfida) la Galleria Umberto è oramai un giaciglio per clochard (compreso di servizi igienici all’aperto), tutto intorno si avanza tra venditori di merce contraffatta o di calzini ed altre amenità che assediano i turisti che neanche i “piranha” saprebbero fare.
Al solo pensiero di dover riprendere di nuovo la metropolitana per ritornare in periferia alla propria auto, una perla di sudore freddo inizia il suo percorso sulla fronte

Per trovare un appagamento interiore bisogna rifugiarsi in qualche tratto del lungomare dove poter aprire mente e cuore all’anima repressa di questa meravigliosa città.
Arriva il momento di riprendere la metropolitana e di nuovo segnala 20 minuti di attesa.
Pazienza, pazienza intanto la pedana si affolla di utenti.
Peccato che l’attesa si sia protratta a ben 40 minuti senza che vi sia stato alcun avviso o informazione.
Nell’incubo metropolitano era giusto avere un compagno di viaggio, un Lord Byron dei giorni nostri.
Il compagno di ventura ha più volte chiesto come si può accettare di vivere in una così profonda contraddizione.
Come si possa vedere parti della propria Libertà inapplicabili e dover ricercare sotterfugi per sopravvivere con un accettabile dignitosa (?) quotidianità.
“Per molti, libertà è la facoltà di scegliere le proprie schiavitù.”
(Gustave Le Bon Psicologo/Sociologo Francese morto nel 1931, i suoi saggi saranno oggetto di studio di Max Weber e Sigmund Freud)
Un sistema di civiltà malato, un organizzazione di vita comune dove la massa indefinita è costretta a muoversi senza mai ritrovare un percorso dove progresso, diritti, sviluppo non siano vane parole.
Ciò, naturalmente, fatto salvo per i singoli che per “censo” possono vantare corsie preferenziali.
Manca il costruttore di un progetto che dia un anima alla comunità, concretezza alle regole e certezza del diritto 
Manca la Politica con il risultato che “arrangiarsi”, trovare scorciatoie, stare con il più forte, calpestare i diritti e le regole, diviene l’elemento caratterizzante molto più dei folkloristici “pizza e mandolino”
Bellum omnium contra omnes (la guerra di tutti contro tutti) e Homo homini lupus (ogni uomo è lupo per l’altro uomo)”
Thomas Hobbes (filosofo britannico famoso per la suo importante contributo, tra l’altro, nella  teoria politica)
Senza voler approfondire il tema del patto sociale (passando da Locke, Rousseau e Montesquieu), e volando bassi resta il tema pratico che la condizione generale della città è peggiorata nonostante da oltre un anno vi sia una nuova amministrazione comunale con ampissima maggioranza.
In Politica i numeri servono se sostengono idee, spingono una evoluzione sociale, creano fiducia nelle istituzioni. Altrimenti gestiscono solo il potere per garantirne la sopravvivenza in quanto tale.
La città avrebbe tanto bisogno di luoghi e momenti di discussione scevra da appartenenze apodittiche.
Non bisogna avere paura di una Riforma che valorizzi le autonomie senza che si dissolva lo Stato. 
Non bisogna pensare che la questione meridionale si estingua nel perpetuo e dogmatico assioma di una eterna arretratezza e miserevolezza.
Ridare un anima, un orgoglio, un aspettativa di scalare la montagna senza nascondere sacrifici e difficoltà, questo spetta a quanti dal versante politico rappresentano luoghi elettivi ed istituzioni. 
Altrimenti l’incubo non si fermerà nell’ambito della ricerca di una sopravvivenza urbana, ma travolgerà gli argini che ancora labilmente tengono ciò che resta del tessuto sociale e della fiducia dei cittadini nel sistema politico 
La Democrazia va difesa prima ancora che nei grandi enunciati e nei salotti, nei suoi pilastri: il legame tra il popolo e i luoghi della rappresentanza.
Vir sapiens fortis est
Il Ghiro
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