ISTRUZIONE, CULTURA E MERITO

La discussione “surreale” nata sul tema della ricerca e valorizzazione del merito in ambito scolastico e universitario nasconde la visione di una società che non costruisce il proprio futuro.
In particolare, è un alibi per una politica che anche in questo settore basilare della società ha dato prova della propria pochezza.
“L’istruzione è il grande motore dello sviluppo personale. È attraverso l’istruzione che la figlia di un contadino può diventare medico, che il figlio di un minatore può diventare dirigente della miniera, che il figlio di un bracciante può diventare presidente di una grande nazione. (Nelson Mandela)”
Questa frase racchiude molto bene la prima parte di queste brevi riflessioni.
In essa, infatti, vi sono racchiusi una serie di assiomi facili da evidenziare:
1) una Nazione non ha alcuna possibilità di sviluppo, sia esso sociale che economico, senza un sistema scolastico e universitario che elimini qualsiasi zavorra dovuta alle condizioni di partenza del singolo ragazzo.
Occorre predisporre un insieme di obbligo scolastico, lotta alla dispersione, vicinanza delle scuole ai luoghi del disagio, orari prolungati che consentano di sottrarre i giovani dalla strada, attività didattiche di cultura formativa (cinema, teatro, sport, ecc).
2) gli esseri umani sono il più grande esempio di diversità che possa esistere. Bisogna essere uguali nei diritti (e nei doveri), poi ognuno va accompagnato secondo la propria propensione affinché si realizzi in quanto persona e, in tale veste, collabori alla crescita della propria comunità;
3) istruire significa fare sì che tutti possano accedere ed essere messi in condizione di lasciare le tenebre dell’ignoranza (madre di tutti i mali) e accedere alla luce della conoscenza.
Questo non va confuso con i diplomifici al quale sono ridotte le nostre scuole.
Una demotivazione costante per alunni e corpo docente.
Un modo semplice per la politica di nascondere dietro la massificazione i propri fallimenti.
Nella frase di Mandela, quindi, viene enunciato che il diritto allo studio non contrasta con la valorizzazione del merito.
Si valorizza il merito anche avendo un sistema scolastico quale quello tedesco o olandese, dove in base alle attitudini espresse i ragazzi possono divenire tecnici qualificati ed essere inseriti nel mondo del lavoro con diritti contrattuali e salariali.
Da noi il finto buonismo che spadroneggia in tutti i campi, produce spesso giovani demotivati, poco inclini a puntare su se stessi, sempre in attesa che la società gli indichi una strada che alla fine è quella del precariato, del lavoro nero e sottopagato o al massimo del reddito di cittadinanza.
Naturalmente, chi ha buone “conoscenze” può pensare di trovare una soluzione personale ad un tema che è collettivo: il lavoro.
La massificazione abbassa, inoltre, il livello del percorso degli studi. Così facendo dalla Scuola Pubblica anche i più meritevoli escono con armi spuntate per concorrere con i giovani di altre nazioni.
Naturalmente, questo assurdo gioco al ribasso assume la sua veste più drammatica nel Sud Italia, proprio dove occorrerebbe puntare sullo sviluppo connesso ad un sistema scolastico funzionante si salvano le famiglie ricche o benestanti che possono mandare i propri figli nelle scuole e università d’élite prima italiane e poi straniere.
Pagano come sempre le famiglie più deboli alle quali viene sottratta la possibilità di poter vedere i propri figli accedere a ruoli coerenti con le proprie capacità.
Paga un prezzo elevatissimo la società con l’impossibilità di poter esprimere nei campi economico, culturale, scientifico, manageriale e persino di manodopera specializzata quanto sarebbe possibile e giusto raggiungere.
Essere un tornitore specializzato oggi significa avere conoscenze di informatica, di inglese, tecnicalità di alto livello e un ruolo centrale nel rinnovato processo produttivo.
Non si ha qualcosa in meno di un medico o un ingegnere, si è diversi nel ruolo professionale.
Ciò che conta è il sentirsi valorizzato nella propria professionalità in termini contrattuali, salariali e di ruolo nella comunità.
Vincenzo Cuoco diceva che senza l’istruzione, le migliori leggi restano inutili.
Nel nostro paese bisogna smettere di “trincerarsi” comodante su posizioni pseudo ideologiche, buone solo ad evitare di discutere di merito e di assumere decisioni impopolari.
Non bisogna adeguarsi al si salvi chi può: così si salvano solo i potenti. È un ulteriore ritorno al “Censo”.
Una scuola che non forma, non valorizza il merito, non predispone all’ingresso nel mondo del lavoro e non prepara le migliori risorse agli studi universitari e specialistici, viene meno alla sua funzione sociale.
“Un paese che distrugge la sua scuola non lo fa mai solo per soldi, perché le risorse mancano o i costi sono eccessivi. Un paese che demolisce l’istruzione è già governato da quelli che dalla diffusione del sapere hanno solo da perdere. (Italo Calvino)”
l’Italia ha in sè stessa tutte le potenzialità per essere una grande realtà Europea e mondiale.
Bisogna smettere di seguire l’autodistruzione dovuta ad una politica che cerca sempre le scelte semplici, che parlano alla pancia delle persone, senza mai chiedersi quali conseguenze porteranno al paese.
Di norma ogni politico forte di stipendi e appannaggi enormi può mandare un figlio a studiare all’estero.
Pagano pegno le classi sociali impiegatizie, operarie e chi nasce in zone povere e disagiate. 
Con esse muore l’universalità del sistema scolastico quale luogo di formazione del cittadino, della sua autonomia di pensiero, di uomo libero attore della evoluzione sociale.
Muore l’uguaglianza sociale e il futuro di un’intera comunità.
Il Ghiro
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