Joan Miró. Il linguaggio dei segni: ancora pochi giorni per vedere la grande mostra

Ultimi giorni per visitare la grande mostra dell’artista catalano. Miró saluta Napoli con 50.000 visitatori e 7.000 bambiniche hanno partecipato ai laboratori didattici “Joan Miró. Il linguaggio dei segni”, la grande mostra dell’artista catalano, voluta dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, promotore dell’esposizione, organizzata dalla Fondazione Serralves di Porto con C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, sarà aperta al pubblico fino a lunedì 23 febbraio (dalle 9.30 alle 19.30).

Curata da Robert Lubar Messeri, professore di storia dell’arte all’Institute of Fine Arts della New York University, sotto la guida di Francesca Villanti, direttore scientifico C.O.R., “Joan Miró. Il linguaggio dei segni” si preannunciava come la mostra più attesa dell’autunno napoletano e i numeri hanno ampiamente dato ragione alle aspettative degli organizzatori: 50.000 visitatori, tra cittadini e turisti italiani e stranieri, e 7.000 bambini ai laboratori didattici, pensati e realizzati dagli operatori del Progetto PanKids. Questi i dati registrati fino a oggi e destinati a crescere in questi ultimi giorni di esposizione.

“Joan Miró. Il linguaggio dei segni” è una passeggiata composta da nove percorsi e ottanta opere, che dà l’opportunità al visitatore di poter ammirare il lungo periodo produttivo dell’artista catalano, dal 1924 al 1981, da Il Linguaggio dei segni e la Ballerina del 1924, dove viene messo in evidenza come Miró sfrutta le molteplici funzioni della linea come contorno, come scrittura e, nel caso dell’orizzonte, come indicatore dello spazio, consentendo scambi produttivi di significato; fino a Le tele bruciate e la morte del segno, dov’è esposta una delle cinque tele esistenti al mondo, che Miró esegue con il tessitore Josep Royo, nel dicembre 1973,, insieme a una sequenza di fotografie che mostrano i passaggi di questo magnifico lavoro. La storia delle opere Tutte le 80 opere oggetto dell’esposizione sono sbalorditive, così come la storia che le ha condotte fino a Porto. Questo insieme di capolavori, appartenuti a uno dei più autorevoli e raffinati mercanti d’arte moderna, Pierre Matisse – figlio del più noto pittore Henri – rimane sconosciuta ai più per molti anni, finché il collezionista giapponese, che le aveva gelosamente custodite fino al 2005, decide di venderle al Banco Português de Negociós.

Un semplice investimento per la banca portoghese, che preferisce non esporle e tenerle al sicuro all’interno di un caveau. Quando il Banco Português, in forti difficoltà economiche, stabilisce di mettere sul mercato l’eccezionale acquisizione, si solleva una protesta su scala nazionale, tanto da far intervenire lo Stato Portoghese, che sospende la vendita e incarica il Museo di Serralves di conservarle. Tra ottobre 2016 e giugno 2017, le opere sono state presentate per la prima volta al Museo Serralves di Porto, in una esposizione che ha ottenuto oltre 300.000 visitatori.

Silvana Santospirito

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