Le origini e lo sviluppo della teoria della mente

Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, alcuni scienziati e psicologi iniziano a studiare una nuova tendenza riguardante lo sviluppo psicologico del bambino. Iniziano ad indagare sul modo in cui il bambino costruisce la propria conoscenza del mondo psicologico, arrivando a comprendere se stessi e gli altri. Cercano, inoltre, di capire quali sono le motivazioni, i desideri, le intenzioni e le credenze che caratterizzano la sua esperienza di vita.

Questa nuova tendenza attribuisce al bambino una teoria della mente, ovvero una teoria di come funzionano gli essere umani in quanto diversi dagli oggetti.

Il mondo psicologico degli esseri umani è ben diverso da quello degli oggetti inanimati, poiché essi hanno desideri, scopi, credenze e pensieri, che determinano e caratterizzano profondamente la loro esistenza.

Questa teoria parte, da un lato, dalle emozioni fondamentali (amore, odio, paura) e dagli stati fisiologici (fame, sete, dolore, eccitazione) e dall’altro dalle percezioni e le sensazioni.

Le emozioni e gli stati fisiologici generano i desideri e le esperienze percettive generano e alimentano le credenze. Le azioni producono risultati e questi generano reazioni emotive adeguate. Gli stati mentali chiave di questa teoria sono, quindi, i desideri e le credenze.

 

La psicologia del desiderio e della credenza nei bambini 

I bambini di due anni possiedono già una psicologia del desiderio. Cominciano, infatti, ad interpretare le azioni sulla base dei desideri, spiegando le reazioni emotive in base al fatto che i desideri siano stati o meno soddisfatti.

Verso i tre anni la psicologia del desiderio diventa più complessa, divenendo psicologia della credenza-desiderio; i bambini a questa età iniziano a comprendere che le azioni di una persona non sono guidate soltanto dai suoi desideri, ma anche dalle sue credenze e comprendono anche che queste credenze possono essere sia vere che false.

In un primo momento i bambini prendono in considerazione soltanto le credenze vere, ovvero solo quelle che rispecchiano l’effettivo stato di cose nella realtà. Riescono a comprendere solo ciò che possono concretamente vedere e sentire, non avendo ancora sviluppato un’adeguata teoria della mente.

Un importante cambiamento avviene con la comprensione della “falsa credenza”, ossia la comprensione che le azioni possono essere determinate da credenze erronee.

 

L’esperimento di Sally e Anna

L’esperimento classico con cui si verifica questa nuova capacità è quello ideato da Wimmer e Perner [1983].

Al bambino viene presentato uno scenario con due bambole, Sally ed Anna, che insieme nascondono una biglia in un cesto. In seguito, all’insaputa di Sally, Anna sposta l’oggetto in una scatola. Sally ritorna in scesa e il bambino che partecipa all’esperimento deve dire in quale posto Sally cercherà la biglia”.

Il bambino di tre anni risponderà all’esperimento dicendo che Sally cercherà l’oggetto dove si trova e non dove l’ha visto nascondere, in quanto il bambino non riesce ancora a rappresentarsi le credenze altrui quando sono diverse dalla realtà.

Soltanto intorno ai quattro anni si ottengono le risposte corrette, infatti, a questa età il bambino risponderà all’esperimento dicendo che la biglia si trova nel cesto e non nel luogo in cui si trova realmente.

Quando il bambino sa riconoscere la differenza tra la realtà e la credenza è possibile essere sicuri che esiste una teoria della mente che include la rappresentazione.

 

Sviluppo della teoria della mente

La “teoria della mente” può essere definita come la presenza nell’individuo di un sistema di rappresentazione circa gli stati mentali propri e altrui. Grazie a questa facoltà, l’individuo comprende che la mente degli altri è caratterizzata da stati emotivi, emozioni, desideri etc., che si possono riconoscere attraverso i comportamenti. Un altro aspetto fondamentale è… continua…

Dott.ssa Silvana Santospirito

Educatrice

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