
“La tua vita è stata tanto breve…
Non si dice nulla di te
nelle storie mondiali, non sei citato:
il predicatore se ne va
e tu cresci intorno alla lapide:
doni amore, questo puoi fare,
materiale infinito per la mia poesia”
Sono versi del poeta tedesco Friedrich Rückert, discepolo di Goethe, che ha scritto il Canto per i bambini morti.
Divenuto, poi, un capolavoro in musica di Gustav Mahler.
Entrambi gli artisti ebbero il dolore immenso e incosolabile di perdere dei figli in tenera età .
Un tema questo, dove la misurazione delle parole è un dovere sacro.
Si può pensare di scavare nel buio della psiche umana sin dentro gli incubi profondi.
Non si può, però, neanche lontanamente immaginare la profondità e il buio che un dolore simile può produrre.
Ecco perché, bisogna avere grande consapevolezza che approcciarsi al tema di un così profondo dolore, è pratica che può sfociare nel pietismo o nella semplificazione populistica.
Entrambe da evitare per ricercare, nel rispetto assoluto, che la Ragione ci aiuti a comprendere gli eventi in quanto comunità che rivendica un Anima e un Pensiero.
Con questa premessa si può riportare alla mente quanto avvenuto a Cutro.
Non si può pensare, non si può immaginare cosa significhi il cadavere di un bimbo morto.
La mente rifiuta l’immagine , è troppo forte per essere assorbita e passata in archivio.
Toglie il fiato, fa si che tutto sembri parva materia, ti fa sentire colpevole per un mondo dove l’ingiustizia è la sua solida base.
Fa sentire, a chi ha attraversato tante stagioni della vita, il peso di un fallimento : anche stavolta le propulsioni idealistiche giovanili sono state sepolte dalla sabbia dello scorrere del tempo.
Eppure non sono nuove, la foto del piccolo profugo siriano di due anni ,Aylan, morto su un altra spiaggia nel 2020, non può che farci vergognare in quanto esseri pensanti.
Nella vita spezzata di quel bimbo, si è infranto quanto di buono o positivo potremmo cogliere nella nostra introspezione.
Da un libro molto bello dello scrittore John Grisham, il momento di uccidere, è stato tratto l’omonimo film.
Nell’arringa finale l’avvocato bianco difende un uomo di colore che ha ucciso i due violentatori della sua bambina
Per carità nessuna apologia della vendetta, solo ripercorrere quell’arringa fatta in un aula di tribunale di un america da profondo sud razzista.
Ebbene, nel descrivere i drammatici eventi nel finale l’avvocato rivolto alla giuria dice: pensatela bianca!
Ecco, pensiamo a quel bimbo non come un evento lontano: pensiamolo tra le nostre braccia, vederlo fare i primi passi incerti, riconoscere amore in occhi che lo accompagneranno nella vita.
La rabbia è il primo sentimento che affiora, il sentirsi colpevole il secondo.
Non bastano, possiamo mettere un pesante velo sugli occhi, ma quella immagine resterà codificata negli abissi del nostro vivere potente e imperdonabile.
Eppure, i fatti di Cutro sono stati vissuti come fosse una drammatica evenienza e non il perpetuarsi delle orribili conseguenze degli atti degli uomini.
“Son morto che ero bambino,
Passato per il camino
E adesso sono nel vento
E adesso sono nel vento
Ancora tuona il cannone
Ancora non è contenta
Di sangue la bestia umana”
Una splendida canzone di Francesco Guccini, resa immortale dalla voce di Augusto dei Nomadi.
La Siria, terra martoriata senza pace nello scontro tra fazioni, religioni, etnie e, come sempre, con le grandi potenze ( anche di livello cosiddetto regionale) che hanno parte attiva nel conflitto.
Chissà quanti bambini come Aylan sono morti sotto le macerie, abbracciati a fratelli e genitori, però lontano dai nostri occhi così che le nostre coscienze possano fare finta che non esistano.
“Vale milioni di volte di più la vita di un solo essere umano che tutte le proprietà dell’uomo più ricco della terra.”
Ernesto Guevara
In un dramma del genere, dove tutti dovremmo sentire il dovere di coniugare ragione e rabbia per impedire l’assuefazione e il considerare tutto un ineluttabile danno collaterale, viene lo sconforto per come la politica, nostrana e non, si comporta
Giorni e giorni di titoloni di giornali, una aria di scontro tra fazioni dove si cerchi di additare chi sia il cattivo di quella che non è una favola tetra densa di streghe. É, invece, una durissima realtà
È stato come ascoltare un’assordante e stridente suono ad altissimo volume dove, invece, una riflessione comune avrebbe dovuto prendere “terra”.
Questo, sino alla prossima tragedia che non potremo fare finta di non vedere e dove, ancora una volta, ci indigneremo dividendoci in guelfi e ghibellini.
Il tema vero è che le guerre, la fame, la devastazione, i cambiamenti climatici stanno producendo migrazioni bibliche
È fuori di dubbio che una singola nazione non possa dare risposte a questa enormità.
L’ Italia non è un continente vasto e l’accoglienza non può essere qualcosa che dimentica la dignità di chi arriva e di chi ospita.
Nei giorni del dramma di Cutro, un prelato in un impeto di dottrina Cristiana ha affermato: siamo italiani accogliamoli tutti!.
Per chi deve governare, maggioranza o opposizione che sia, significherebbe cedere la propria funzione di dare risposte serie a problemi drammatici.
Non è questione di buonismo, meglio essere meno sentimentali e più capaci di affrontare la cruda realtà.
Già oggi i bambini morti a Cutro hanno lasciato nei telegiornali il posto alla crisi delle banche, Silicon Valley e Credit Suisse, ai temi dello scontro politico e persino allo sport e al meteo.
Ecco perché abbiamo atteso per tentare una piccola riflessione
A riflettori spenti, a coscienze appagate da paroloni, grida, alzate di scudi e atti di carità
Avviene lo stesso in ogni vicenda umana, anche quando si fanno crescere i bimbi delle periferie nella marginalità sociale, nell’odio verso la comunità, nel sentirsi figli di un Dio minore.
“Come son pesanti i giorni,
A nessun fuoco posso riscaldarmi,
non mi ride ormai nessun sole,
tutto è vuoto,
tutto è freddo e senza pietà”
(Federico García Lorca)
La pietà è da intendersi non solo come la capacità di compenetrarsi sino in fondo nel dramma delle persone
È, soprattutto, la capacità di immaginare di dare risposte ai problemi che creano i drammi.
Ecco, il dolore profondo che perseguita con la foto di Aylan morto sulla spiaggia, diventa ancora più inaccettabile a fronte di nuove guerre, nuove morti, nuovi profughi e nuovi cimiteri di bambini
Quella foto segna un silenzio assordante, con il solo rumore del mare che bagna la spiaggia quale monito delle responsabilità di tutti.
Peccato che ONU, Grandi Potenze, Europa, ecc siano tutti impegnati in armamenti e poco nel dettare un agenda che affronti a livello mondiale le cause dell’emigrazione.
Curiamo gli effetti e non vogliamo ragionare sulle cause.
Creiamo ghetti nelle nostre città, rinforziamo di manovalanza le attività criminali, creiamo nuovi schiavi.
Creiamo le basi per un conflitto sociale ingovernabile .
Se Dio, comunque lo si immagini, si dovesse fermare a riflettere su ciò che l’essere umano riesce a fare, non credo potrebbe accettare che sia a sua immagine.
“Quidquid enim vis potes fugere, homo, praeter conscientiam tuam”
Sant’Agostino.
Il Ghiro
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