PERIFERIA :SVILUPPO E CULTURA

“Quella periferia tagliata in lotti
tutti uguali, assorbiti dal sole
troppo caldo, tra cave abbandonate,
rotti argini, tuguri, fabbrichette…”
Partire da una “descrizione” di una Periferia Romana fatta da Pier Paolo Pasolini, ci consente di inabissarci negli inferi avendo il nostro Virgilio che con le sue liriche può aiutarci a riflettere e innalzare lo spirito pur facendolo volare sulla realtà.
Nella raccolta ” La Religione del mio tempo” del 1961 Pasolini ci porta per mano nel contorto mondo dove bassifondi e umanità coesistono..
“Quando l’azione politica si attenua o si fa incerta, allora si prova o la voglia dell’evasione, del sogno o una insorgenza moralistica”.
Senza voler affrontare il tema enorme della diversità, del sottoproletariato e delle responsabilità storiche di un paese arretrato e bigotto, resta il dato di fatto di una esclusione delle periferie da qualsiasi processo di sviluppo.
Il risultato odierno è un perpetuarsi di promesse, di alibi, di finti ribellismi o ipotetici movimenti di riscossa sociale.
Nella maggior parte dei casi persistono sul terreno solo Chiese ed Oratori o gruppi di associazioni.
Manca un progetto politico che alla doglianza della situazione sostituisca interventi concreti in termini di vivibilità, legalità, diritti negati, possibilità di accesso a cultura, sport e scuola.
Quale senso di appartenenza si può chiedere a quanti sin dalla nascita vivono nella marginalità sociale?
In un territorio dove le disuguaglianze aumentano e la crisi fa tracimare verso il basso anche la classe media, ci sarebbe bisogno di ben altro che populismo e demagogia che affiorano sempre quando si tratta il tema delle periferie.
Cambiare l’approdo di chi nasce in zone svantaggiate , fornirgli un alternativa ad una vita fatta di assistenzialismo ed illegalità, significherebbe costruire uno sviluppo per l’intero paese.
Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita.
(Antonio Gramsci)
L’indifferenza è la linfa che alimenta la cattiva politica, è la mala pianta che avvelena qualsiasi aspettativa di crescita socioculturale.
Napoli, le sue periferie ed il suo hinterland rappresentano la summa di tutti i mali che la marginalità sociale può produrre.
Un continuo contraddittorio tra umanità, settarismo e rifiuto di qualsiasi regola.
Il prodotto di quanto costruito con pervicacia dal dopoguerra ad oggi.
La nostra Costituzione al suo articolo 1 cita: l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Forse, andava aggiunto che questo valeva anche nel meridione del paese, nel caso la politica dovesse dimenticarsene 
Forse alle istituzioni locali andava spiegato che non servivano casermoni dove rinchiudere il disagio sociale.
Quest’ultimo non solo si espande ma crea il terreno di coltura di illegalità e violenza 
Ancora oggi si attendono servizi pubblici efficienti, politiche attive del lavoro, formazione, lotta al lavoro nero, alle paghe da fame ( offensive per la dignità delle persone) insomma una.rivoluzione culturale.
Certo, per ora assistiamo più che altro ad un peggioramento della involuzione sociale delle periferie e delle zone svantaggiate.
Il dibattito politico ora si incentra sulla cosiddetta autonomia differenziata, se essa esclude parte del paese dalla partecipazione allo sviluppo 
Prima di cio, occorrerebbe che proprio dai meridionalisti che rifuggono la facile demagogia, arrivasse la risposta ad una domanda: dal dopoguerra ad oggi la Cassa per il Mezzogiorno, l’ IRI e l’attuale sistema senza l’ autonomia su indicata, quale sviluppo ha prodotto?
Desertificazione Industriale, abbandono delle campagne, emigrazione dei migliori cervelli, residualità di artigianato e commercio.
Le strade di Napoli sembrano un hub di cibo da strada e merce contraffatta.
Non serve assistenzialismo, oppure alimentare sotterfugi e furberie varie.
Serve sviluppo, sicurezza dei territori ,( in tutti i sensi compreso idrogeologica, igienico sanitaria,ecc) obbligo scolastico , una Giustizia che recuperi la sua naturale e dovuta autorevolezza e certezza della pena, servizi pubblici efficienti.
Lo sviluppo è un contenitore difficile da riempire perché ha lo sguardo rivolto in avanti e aggiunge sempre al proprio interno quanto di buono può dare il progresso.
Certo, leggendo gli articoli di queste settimane cascano le braccia in relazione al miglioramento dei servizi pubblici 
Si affacciano privatizzazioni e forme di esternalizzazioni di servizi in settori importanti.
Una resa delle Istituzioni Pubbliche che, dietro un costo alto per i cittadini e un grosso legittimo vantaggio economico del privato, ammettono di non poter adempiere direttamente a proprie responsabilità.
Peccato che il dibattito invece di incentrarsi su questi temi strutturali che attendono anche al concetto stesso di bene e interesse pubblico, si legga di crociate necessarie per riorganizzare i servizi comunali.
Si prospettano ” uomini forti” ( non del regime fortunatamente) da contrapporre alla ritrosia al cambiamento. Quale sia il cambiamento e la sua positività per i cittadini è ancora avvolto dentro una notte fonda e buia.
Fare un nuovo passo, dire una nuova parola, è ciò che la gente teme di più.
(Fëdor Dostoevskij) ( uno scrittore contraddittorio, ma proprio per questo da studiare, leggere e criticare con attenzione).
Ma questo passo, questa responsabilità che dovrebbe cogliere la politica ( come San Paolo sulla via di Damasco), quale spinta può avere da quattro righe che non hanno alcuna pretesa di novità miracolistica.
Certo, se le righe fossero tante con tante menti normali che ragionano, forse qualcosa di innovativo avverrebbe.
Senza una coscienza collettiva qualsiasi propensione del singolo verso la politica rischia di esaurirsi nel perimetro ben visibile del proprio laghetto.
” Il potere logora chi non ce l’ha “G. Andreotti.
Lo abbiamo vissuto in diretta in questi ultimi anni. Sostituire i suonatori se la musica è sempre la stessa, le cose possono solo peggiorare.
Lo sappiamo bene che anche parlandone non cambierà la realtà di quanti vivono ai margini e senza alcuna speranza.
Però sappiamo anche che solo parlandone si può farlo.
Siamo in una fase storica decadente, ciò non toglie che si supererà : i corsi e ricorsi storici ( il cammino tra le diverse fasi dell’ umanità) G. Vico
Ai tecnici il compito di progettare, alla politica tocca la visione e il governo dei processi storici, a noi cittadini salvaguardare la democrazia attraverso la nostra partecipazione.
Non farlo è un atto di viltá, un gesto d’infifferenza verso le nuove generazioni, un disinteresse verso sofferenza e ingiustizia 
Un’ingiustizia fatta all’individuo è una minaccia fatta a tutta la società.
(Montesquieu)
 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il Ghiro
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