IL MERIDIONE E IL SUO SVILUPPO

La città di Napoli è la quintessenza delle contraddizioni. 
Una vera peculiarità della sua realtà, un elemento aggiuntivo e dicotomico con qualsiasi altro, sia di ordine razionale che emotivo/spirituale. In pratica, una rivisitazione della fisica aristotelica in salsa partenopea.
In molti casi queste “contraddizioni” sono divenute elementi di folklore, di piccole e grandi furbizie, di malcostume e di cortigianeria. Elementi di un meridione che non riesce ad assumere un ruolo trainante, che non si libera dall’assistenzialismo, dall’ignoranza. Su questo si creano posizioni di rendita politica e nulla cambia. 
“Deve stimarsi poco vivere in una città dove possano meno le leggi che gli uomini.”
Niccolò Machiavelli
Nel nostro caso le leggi possono essere rappresentate dal senso del bene comune, da istituzioni autorevoli e da una politica che assume le decisioni necessarie e non quelle da “Captatio Benevolentiae
Eppure per i Romani esisteva la Campania Felix (da Capua sino ai Campi Flegrei), una terra ricca di bio diversità, di terra fertile e buon cibo.
Potremmo partire da qui, da istituzioni che aiutino il crescere della enogastronomia quale elemento culturale del territorio attraverso parametri di qualità a garanzia di utenti e turisti.
Non parliamo del cibo gourmet, esclusivo per quanti hanno un potere economico di rilievo. Basterebbe dare un senso, una visione alle principali arterie turistiche, storiche e paesaggistiche cittadine per incentivare la nascita di attività di Food di qualità. All’assenza di regole, si potrebbe sostituire una visione culturale che valorizzi e non mortifichi la Galleria, la fontana del carciofo o la stessa piazza Dante. Economia e cultura possono e devono camminare insieme.
Offrire a cittadini e turisti percorsi enogastronomici con attività che hanno aderito ad un protocollo di qualità, significa offrire una città che alla furbizia sostituisce l’autorevolezza.
Naturalmente, a stringenti controlli qualitativi e sul rispetto delle norme contrattuali per i dipendenti, andrebbero garantiti incentivi, meno burocrazia e trasparenza, servizi efficienti in termini di igiene urbana, mobilità e sicurezza.
Un vero patto per la città, con le istituzioni che garantiscono un impegno vero e duraturo quale garanzia ai soggetti privati chiamati a investire e partecipare allo sviluppo economico e sociale della città. Niente bonus o forme di assistenzialismo che ci tengono ancorati alla “corte dei miracoli” (XVII secolo)  bensì la costruzione di percorsi di sviluppo capaci di generare un processo economico positivo e lavoro vero.
È solo un esempio, forse persino banale, delle potenzialità esprimibili dalla città di Napoli e in generale dalla Campania, se al facile populismo si sostituisce la dea ragione, una visione sociale e di politica economica e la capacità di scelte che rendano attrattivo il territorio per investimenti e per le migliori risorse giovanili oggi costretti ad andare via. 
Saepe  solet medici pietate putrescere vulnus
Proprio un’idea distorta del  Meridionalismo ha prodotto l’incapacità di guardare alla realtà, rifuggendo in un vittimismo buono quale alibi a tutto tondo.
Tutto ciò produce distanze siderali tra il Meridione e il Settentrione (compreso Lazio e il centro Italia), il che produce arretramento culturale e proliferare di forme di illegalità.
La questione Meridionale post’Unità d’ Italia mai affrontata veramente mai risolta.
“Prima del 1860 L’Italia centrale, l’Italia meridionale e la Sicilia erano in condizioni di sviluppo economico assai modesto. Intere province, intere regioni eran quasi chiuse ad ogni civiltà.»
(Francesco Saverio Nitti)
Nel mentre al Settentrione regnanti illuminati (Maria Teresa d’ Austria) avevano creato una borghesia produttiva, al sud persisteva un sistema feudale con il contado lasciato in povertà ed ignoranza.
“Nell’altra le paterne amministrazioni di Spagna e dei Borboni nulla avevano creato: la borghesia non esisteva, l’agricoltura era primitiva e non bastava neppure a soddisfare il mercato locale; non strade, non porti, non utilizzazione delle poche acque che la regione per la sua speciale conformazione, possedeva. L’unificazione pose in intimo contatto le due parti della penisola.»
(La Questione Meridionale, Antonio Gramsci,)
Conoscere la storia della Questione Meridionale dovrebbe spingere ad accelerare verso il progresso e non crogiolarsi dietro ricerca di pietismo assistenziale.
Sfuggire a questo girone infernale è arduo. Sembra che il sud resti impermeabile, fermo in attesa che altri miracolisticamente cambino le cose.
Il dramma è che le menti migliori per non farsi inghiottire dal girone infernale emigrano. 
Con esse emigra ogni possibile elemento di cambiamento.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                         IL GHIRO
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