L’era delle “fake news” e della disinformazione. A scuola di “spirito critico” e “alfabetizzazione digitale”

Gli anni '20 del XXI secolo prendono il via con la diffusione incontrollabile delle "fake news"

di Giovanni Abbatangelo

Nell’articolo precedente (click QUI per visualizzarlo) abbiamo introdotto il concetto di “fake news”, spiegando i meccanismi per cui le “bufale” attecchiscono in maniera così efficace tra i fruitori di contenuti. Ci siamo lasciati con questa domanda: come facciamo a riconoscere le fake news e a sopravvivere a questo ingestibile “disordine informativo?

Gli anni ’20 del XXI secolo prendono il via con la diffusione incontrollabile delle “fake news”

La risposta è semplice: occorre sviluppare il cosiddetto “spirito critico”, ossia padroneggiare quelle capacità proprie di chi non accetta nessuna affermazione senza prima interrogarsi sulla sua validità, tendendo a considerare vera un’opinione soltanto quando è in grado di verificarla. Sono capacità che, purtroppo, la maggior parte di noi sta perdendo, ma che possono essere affinate seguendo dei semplici consigli.

Occorre innanzitutto leggere attentamente i titoli. Se ci imbattiamo in un titolo dai toni troppo sensazionalistici o che non corrisponde a ciò che, successivamente, troviamo nel corpo dell’articolo, molto probabilmente ci troviamo di fronte ad una bufala scritta con il chiaro obiettivo di attrarre ignari “boccaloni”.

Prima di condividere un’informazione è buona norma approfondirla, verificandone la provenienza. Tutti gli editori “seri” hanno sempre una pagina web in cui spiegano chi sono e cosa fanno, quindi, se non riusciamo a reperire facilmente queste informazioni, è bene che si attivi un campanello di allarme nella nostra testa.

Allo stesso modo, è necessario individuare l’autore, che dovrebbe sempre essere una persona realmente esistente e, meglio ancora, firmarsi. Spesso ci imbattiamo in articoli scritti da “giornalisti” che si nascondono dietro a uno pseudonimo o un nickname, e in tal caso sarebbe meglio diffidare di ciò che stiamo leggendo.

Ed ancora, occorre sempre verificare le fonti da cui è partito chi ha scritto l’articolo. Non di rado si prende spunto da testate dalla scarsa affidabilità per confezionare un pezzo, contribuendo più o meno consapevolmente a diffondere cattiva informazione.

Ultimo atteggiamento da tenere, ma non meno importante degli altri, è quello di non tener conto dei nostri pregiudizi su fatti e persone. Tutti abbiamo dei pregiudizi che posso influenzare la nostra opinione rispetto ciò che ci apprestiamo a leggere. E specialmente quando la notizia conferma l’idea che già riteniamo corretta, ci viene d’istinto condividerla senza alcuna verifica. I creatori di bufale conoscono bene questi meccanismi mentali, e li sfruttano per creare notizie credibili o quantomeno verosimili agli occhi di chi già nutre qualche pregiudizio.

I Social Network sono tra i maggiori canali di diffusione di notizie false

La tecnologia, si sa, non è buona o cattiva in sé. Questo giudizio di valore dipende dall’uso che ognuno di noi ne fa. Infatti, la tecnologia stessa prova a individuare una soluzione al problema delle fake news. I social network stanno infatti testando svariati sistemi automatici, anch’essi basati su algoritmi testuali e visivi, con l’obiettivo di bloccare le “bufale”. Progetti di questo tipo sono in elaborazione da numerosi anni, ma per ora appare ancora davvero difficile affidarsi a un algoritmo per distinguere tra notizie false, opinioni personali, messaggi politici e satira.

Pertanto, l’onere di difendersi dalla valanga di informazioni e vagliare il materiale che popola i feed dei nostri social network spetta, chissà per quanto ancora, al lettore finale. Come abbiamo detto, non tutti possiedono le giuste competenze, ed è quindi molto elevato il rischio di imbattersi in contenuti che nascondono un tipo di manipolazione molto sottile che parte da precise verità, ma aggiinge dei particolari fuorvianti.

Un caso frequente è quello del cosiddetto “giornalismo a tesi”, che riguarda moltissimi servizi televisivi e articoli di giornale che vengono scritti in maniera poco parziale con il chiaro intento di par passare per verità oggettiva l’opinione personale dello scrivente. Il giornalista parte da una sua tesi precisa e fa in modo che il servizio racconti solo quella verità, che spesso corrisponde alla verità soggettiva di chi fa ha commissionato il servizio stesso (una grande azienda, una fazione politica, una lobby).

Ricordate la vicenda dell’olio di palma scatenatasi qualche tempo fa? I giornali e le TV hanno iniziato a demonizzarlo a causa di un singolo studio che lo classificava come “poco salutare”. Col tempo, per andare incontro all’opinione pubblica che considerava ormai l’olio di palma come il male assoluto, la maggior parte dei produttori alimentari lo hanno sostituito con altri grassi, di certo non meno dannosi per la salute rispetto a quello prodotto dalle palme. Dopo qualche tempo, studi successivi hanno scagionato l’olio di palma da ogni demonizzazione, ma ormai il danno era fatto, e centinaia di produttori sono stati costretti a chiudere i battenti.

Ricordate la martellante campagna contro l’olio di palma? Era tutto un fake!

Un altro rischio quotidiano è il cosiddetto “clickbaiting”. Letteralmente, traduciamo con “esca per click”, e facciamo riferimento a quei titoli che nascono appositamente con lo scopo di attrarre il visitatore sul sito. Riconoscere un articolo “acchiappaclick” è abbastanza semplice per chi ha un occhio allenato, poiché è quasi sempre corredato da titoli sensazionalistici con lettere maiuscole e fotografie che attirano l’attenzione, per spingere il lettore a cliccare sulla notizia. È importante avere consapevolezza dei danni che possono derivare da un “semplice click”: le nostre informazioni personali potrebbero finire in mani sbagliate, virus e software dannosi potrebbero infettare i nostri dispositivi, e inoltre facciamo arricchire gli autori dei contenuti, che guadagnano qualche centesimo di euro per ogni click sul post. Sembrano pochi spiccioli, ma immaginate il potenziale introito derivante da un articolo che viene condiviso e aperto milioni e milioni di volte…

Da un’analisi di questo genere, sembra quasi che il vero colpevole della disinformazione sia internet. Ma non è così: la Rete è solo un mezzo attraverso cui vengono divulgate informazioni caricate da soggetti in carne ed ossa. Politici e giornalisti, a volte, demonizzano lo strumento in sé, quando sarebbe più opportuno istruire meglio il lettore insegnandogli il corretto utilizzo del Web, dei social, dei servizi di messaggistica. Inoltre è sicuramente sbagliato agire attraverso lo strumento della censura, che autorizza il “censurato” ad alzare ancor di più la voce nei confronti di chi cerca di mettergli il bavaglio. La via maestra è quella di provare a contrastare l’analfabetismo funzionale tra quelle fasce di età che sono più vulnerabili, ossia gli ”over 50”, persone di mezza età che si sono ritrovate come “catapultate” in un mondo digitale che le ha prese alla sprovvista, e le nuove generazioni, i “nativi digitali” che considerano la realtà aumentata dai social come l’unica possibile, e che sono più a rischio di esporsi alle “trappole” poste online dai malintenzionati della rete.

Man mano che Internet e le tecnologie digitali modificano il nostro stile di vita, trasformano le abitudini di consumo e si insediano nella sfera privata di ognuno di noi, diventa sempre più importante sviluppare una corretta alfabetizzazione digitale. Un ruolo di prim’ordine può essere svolto dalle scuole e dalle associazioni che operano sul territorio, con il supporto della politica. In tale contesto, il Ministero dello Sviluppo Economico sta portando avanti il progetto “e-RA DIGITALE: il consumatore incontra il web”, realizzato dalle associazioni dei consumatori Adoc, Adusbef e Federconsumatori con lo scopo di tutelare gli utenti dai rischi derivanti dall’utilizzo non corretto delle tecnologie digitali e dalle transazioni economiche effettuate on-line.

“E-ra digitale” è l’iniziativa del Ministero dello Sviluppo Economico per arginare le fake news

Nell’ambito di questo progetto, l’Associazione per la Difesa e l’Orientamento del Consumatore ADOC Napoli e Campania, sta mettendo in campo una serie di attività rivolte ai cittadini più giovani al fine di educare i consumatori ad un utilizzo consapevole ed informato delle piattaforme digitali, sensibilizzandoli attraverso una campagna di informazione di forte impatto.

La punta di diamante di questo programma sono gli incontri informativi nelle scuole. Venerdì 10 gennaio 2020, l’ADOC Napoli Campania, in collaborazione con l’istituto scolastico “Villa Fleurent” di Napoli Capodichino, ha organizzato una giornata di formazione con gli studenti delle classi I, II e III media dell’istituto.

L’incontro ha avuto l’obiettivo principale di spiegare ai giovani consumatori digitali l’importanza di comprendere cosa siano le “fake news”, e fornire loro gli strumenti per individuarle e difendersi dai pericoli da esse derivanti.

Sono stati sviscerati numerosi concetti, tra cui il “clickbaiting”, il “disordine informativo” e lo “spirito critico”, con un’ottima risposta da parte dei giovani allievi, naturalmente entusiasti di addentrarsi più approfonditamente in una realtà che vivono ogni giorno sui loro device, nonostante la giovane età. Sono stati inoltre presentati numerosi esempi pratici per aiutare a comprendere nozioni anche complesse, e ogni allievo ha partecipato, al termine dell’incontro, a un divertente quiz finale che gli ha permesso di ottenere come ricordo dell’evento un’utile borraccia in metallo.

“E’ molto importante – spiega Imma D’Aquino, vice-presidente dell’Associazione ADOC Napoli e Campania – per una realtà come l’ADOC, che vive ogni giorno il territorio, instaurare un contatto diretto con questi ragazzi che saranno i consumatori di domani”. Prosegue Giuseppe Stellano, presidente dell’ADOC Campania: “il web è un posto tanto ricco di opportunità quanto di pericoli. È necessario sviluppare una coscienza critica fin dalla più tenera età per far in modo che ognuno di questi ragazzi sia, in futuro, meno esposto a dei danni anche gravi”. Si dice soddisfatto Giovanni Abbatangelo, formatore: “entrare nelle scuole è una grande responsabilità. I ragazzi, in questa fase della loro vita, sono come una spugna, e spetta a noi, che già padroneggiamo gli strumenti per orientarci nel mondo digitale, cedere loro queste importanti capacità. I ragazzi hanno risposto con grande entusiasmo, e credo che questo sia il più grande successo”.

L’ADOC Campania incontra gli alunni dell’Istituto “Villa Fleurent” di Napoli
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