Gli ultimi anni del Principe: un addio indimenticabile.

Tomba di Raimondo di Sangro (Francesco Maria Russo, 1759) Foto di Marco Ghidelli © Archivio Museo Cappella Sansevero

Gli ultimi anni di Raimondo Di Sangro verranno raccontati in questo articolo che è anche l’ultimo dei nostri appuntamenti con il principe. La sua affascinante vita è un tassello importante di un puzzle che costituisce, colora e rende unica Napoli. Il Principe, in questo percorso narrativo intrapreso insieme, ci ha meravigliato, incuriosito, spaventato. Ci siamo tuffati con violenza nella Cappella San Severo, abbiamo scoperto i simboli massonici che ruotano intorno a quel Cristo velato capace di bloccare il respiro appena l’occhio umano incrocia il velo che lo ricopre e che, nello stesso momento, invece, sveste tutti i nostri sensi. Insieme abbiamo analizzato le meravigliose statue capaci nei loro significati di raccontare di un ragazzo, orfano di madre, che ha deciso di fare della sua vita un capolavoro inquietante e di scrivere una pagina importante di storia che pulsa viva nelle vene dei tanti turisti, curiosi e appassionati, presenti ogni giorno nella Cappella. Negli ultimi anni di vita, Raimondo ha continuato a fabbricare straordinarie invenzioni, tra cui le famose macchine anatomiche; rese il suo laboratorio tappa indispensabile del grand tour: un viaggio d’istruzione sul continente giudicato quasi d’obbligo per chi apparteneva ad elevati ceti sociali. In questo modo patrizi provenienti da tutto il mondo ebbero modo di conoscere l’ingegno del Principe. La sua fama toccò vette elevatissime, il suo nome era ormai noto, ma le sue possibilità economiche, negli ultimi 15 anni di vita, sprofondarono sempre più. Anche con i nobili napoletani i dissapori aumentarono, in particolare quando il Re Carlo di Borbone partì. La morte era vicina e quando si è indiscussi protagonisti di uno spettacolo incantevole chiamato vita, l’ultimo atto non può che essere meraviglioso. E, così, si racconta che il Principe lasciò il suo pubblico nuovamente meravigliato, affascinato, turbato, incuriosito. Nel luglio del 1770 una carrozza solcò il Golfo di Napoli apparentemente trainata da Cavalli, in realtà mossi da un ingegnoso sistema di pale. Raimondo si spense il 22 marzo del 1771 e anche la sua morte è avvolta da un’inquietante leggenda. Benedetto Croce riporta: “Quando sentì non lontana la morte, provvide a risorgere, e da uno schiavo moro si lasciò tagliare a pezzi e ben adattare in una cassa, donde sarebbe balzato fuori vivo e sano a tempo prefisso; senonché la famiglia […] cercò la cassa, la scoperchiò prima del tempo, mentre i pezzi del corpo erano ancora in processo di saldatura, e il principe, come risvegliato nel sonno, fece per sollevarsi, ma ricadde subito, gettando un urlo di dannato”. E così ci lasciamo dopo una serie di incontri tra i vicoletti di una Napoli storica. Così salutiamo il nostro Principe che ci aspetta sempre per aprirci le porte della Cappella Sansevero. Un maestro, un compagno particolare, geniale, inquietante che emoziona e fa sognare con le sue creazioni, ormai da secoli. E le luci del teatro non ci resta che spegnerle, l’eco degli applausi sfuma, le quinte sono chiuse, ma nei nostri cuori lo spettacolo del Principe è vivo e forte ed è così che il suo nome, così come voleva, sarà per sempre ricordato.

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