Italia che vince

Responsabilità (sociale) o ingenuità?

Vi siete accorti del fatto che chi vuole vincere a tutti i costi perde il senso delle cose?

Sì mi riferisco all’Inghilterra. Che senso ha vincere se quando non si vince si rinnega lo sport e i princìpi che sono alla sua base. Che senso ha per una nazione praticare e diffondere la cultura dello sport se un’intera nazione dà uno spettacolo di fronte al mondo come quello che ha dato l’Inghilterra: pubblico che fischia durante l’inno italiano, giocatori che non accettano la mano dell’avversario tesa per aiutare a rialzarsi, giocatori che si tolgono la medaglia in senso di disprezzo… spettatori (compreso i reali) che vanno via prima della consegna dei premi… per non parlare dei commenti razzisti verso i giocatori rei di aver sbagliato i rigori e di non essere bianchi. Ma allora che senso avrebbe avuto vincere? Se lo sport vale così poco che senso ha vincere per chi lo valuta così poco! Cosa sarebbe? Una manifestazione di forza?

Se nello sport (dove si gioca) ci si comporta così, cosa può accadere nella vita lavorativa?

Però, e per fortuna, l’Italia ha dato un messaggio di tutt’altro spessore morale. Fuor di retorica è questo il vero premio di tutti gli italiani. Aver fatto un percorso in salita, con spirito di gruppo e credendoci. Sapendo che in qualsiasi momento poteva nascere l’inghippo e che questo non avrebbe scalfito l’impegno e il merito messo in questa impresa. Nulla era dovuto e nulla era certo. Del resto è la capacità di essere uniti che consente di superare le peggiori crisi (e di raggiungere obiettivi “impossibili”). E qualche volta è la crisi che determina l’unione dei popoli. Soprattutto quando si superano i momenti di scoramento iniziali e si affrontano con intelligenza le difficoltà.

Sono sicuro che la squadra italiana, se avesse perso, avrebbe atteso fino alla fine tenendo la medaglia, che avrebbe rappresentato comunque un successo, anche da secondi. Ma forse nel dna degli italiani c’è una maggiore capacità di soffrire per raggiungere un obiettivo. O forse c’è la capacità di “consolarsi” considerando la parte positiva che si può trovare nelle cose. E questo aiuta nelle sconfitte, ma anche quando si vince perché ti fa assaporare il gusto di un successo, fino in fondo e il pianto liberatorio di Mancini e Vialli ne sono una prova.

Quello che dovremmo chiederci è se l’esempio dato dalla nostra nazionale e dal suo ct sarà seguito dai nostri politici o dalla nostra classe dirigente (ingenuità pura o responsabilità sociale?). Dopotutto lo sport, nonostante i grandi interessi economici che muove è ancora l’ambito in cui è ancora possibile trovare i valori più profondi della società. Credo che per recuperare posizioni sia necessario proprio rinunciare agli egoismi, guardare più lontano, proiettarsi nel futuro senza guardare al tornaconto del giorno dopo. Qualcuno la chiama responsabilità sociale, i più cinici e disillusi la chiamano ingenuità. Comunque si definisca l’interesse per il bene comune, abbiamo bisogno di persone che coltivino interessi più universali e condivisibili a qualsiasi livello e in qualsiasi settore.

Pasquale Rovito

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